Una Festa del Friuli per rinascere, come una fenice, dalle ceneri della retorica

03.04.2023

Allocuzione controcorrente del leader fogolarista udinese prof. Travain in occasione della ricorrenza "nazionale" friulana del 3 Aprile.

In occasione della festa nazionale friulana del 3 aprile, il coordinatore del movimento civista-euroregionalista Fogolâr Civic / Fogolâr Politic "Europa Aquileiensis", prof. Alberto Travain, ha affidato alla rete un messaggio indirizzato alle popolazioni in particolare del cosiddetto Friuli Storico, denunciando una realtà regionale oggi né contenuto né contenitore di affiatamento e di umanità. Travain ha ricordato come, da ragazzo sperasse in un Friuli inteso in tal senso e mai realizzato al di là della retorica, della chiacchiera, del distintivo, della bandiera, paraventi spesso d'ipocrisia. Ed ha rimarcato come siano ben poco da celebrare certi Friuli cliché alla moda: riferiti al passato mondo contadino, che umanamente non era affatto fior di virtù e sopravvive ancora nel pettegolezzo paesano infame, oppure rimandanti a uno Stato friulano del Medioevo, andato in frantumi perché innanzitutto incapace di armonia e coesione. Messaggio in italiano, simbolicamente polemico con una tanta friulanità a buon mercato, pur avendo Travain sin da giovane difeso e promosso la lingua friulana, sfidando soprattutto ilarità e censura di tanti parvenu – "contadins vistûts di fieste" – per i quali il friulano è ricordo di un tempo in cui non avevano la ricchezza e la boria che oggi coltivano. Uno schiaffo, anche questo, per tentare di smuovere le coscienze. Un invito a prendere atto della situazione, ad un esame di coscienza da fare tutti insieme senza speranza di uscirne indenni. Solo da questo, da queste ceneri – ha detto Travain –, come la fenice, si può rinascere a nuova speranza, a nuova intenzione. Un augurio, quindi, davvero pasquale, di resurrezione; di rifondazione dell'essere popolo del Friuli, votato al meglio, non a mero comodo personale, a invidia e derisione del prossimo, a divisione ed esclusione. Basta con la chiacchiera – ha detto Travain – dei "friulani brava gente": diventiamolo davvero! Una predica laica, da gran patriarca senza l'ambizione dell'essere tale, quella del coordinatore fogolarista. Una predica mancante in un'occasione autocelebrativa della friulanità che diventa effettivamente fine a se stessa quando paravento d'inconsistenza. "Facciamolo vivere questo Friuli. Facciamolo fiorire. Facciamo spazio per costruire un piccolo mondo migliore possibile. Sogni! Un popolo senza sogni, senza utopie anche da realizzare a metà, che popolo è? È un popolo morto! Viva... il Friuli!". Accorato, come al solito, il discorso di Travain, ha avuto certa risonanza sui social friulani, proprio per la schietta sincerità della lettura di un mito contemporaneo localista sotto la lente di chi a quel mito stesso chiede concretezza quanto meno in termini di traduzione valoriale in realtà.  

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