Marco di Moruzzo ovvero l’eroismo scomodo di un friulano autentico...

A trent'anni dalla riscoperta del personaggio da parte dell'allora giovane intellettuale udinese Alberto Travain, si è rinnovato, presso l'inferriata delle prigioni del famoso "Cjiscjel", l'omaggio spontaneo all'ultimo alfiere del Patriarcato di Aquileia che rifiutò la resa a Venezia. "La statura d'animo di Marco interpella la coscienza e la pochezza di tanti friulani di oggi!".

"A son 30 agns che
Marc di Murùs al poche te cussience dai furlans. Ma al poche in
cuale cussience dai furlans? Ae cussience autonomiste? Nome ae
cussience autonomiste? No, al poche ancje su la cussience dai
principis. Marc di Murùs al è stât un che nol à volût rindisi;
al podeve rindisi; i convignive rindisi, ma nol à volût consegnâ
la bandiere dal Friûl ai invasôrs venezians. Al podeve fâlu; al
podeve salvâ la sô vite e al podeve salvâ i siei bens: nol à
volût. Parcè? Parcè che al à calcolât che e esistès une robe
plui impuartante de sô vite: la dignitât! I furlans di vuê, la
plui part, àno un sens di dignitât, àno un sens dai principis, àno
un sens de lealtât? E, massimementri chei che si pandin tant
promotôrs de furlanetât, àno un sens di chei valôrs? Bon: e je
vere che, ancje ai timps di Marc di Murùs, la plui part dal Friûl e
je passade cui venezians parcè che al comodave passâ cui venezians.
Lui no lu à fat. Bon, si sa: al è simpri cualchidun miôr di chei
altris. Ma cirìn di cjapâ di spieli di chei di miôr di chei
altris, invezit di dismenteâju: di dismenteâju ce maniere che i
furlans a àn fat cun Marc di Murùs fin tal 1993 – cuant che jo lu
ai tirât fûr dal patùs de Storie – che lu àn dismenteât! E
alore, nô lu ricuardìn, lu ricuardìn ancje chest an, nô dal
Fogolâr Civic, dal Fogolâr Politic e di altris variis associazions
di Udin, parcè che o calcolìn che la sô testemoneance e dedi
fastidi. E se e da fastidi al Friûl di vuê alore i fâs ben!".
Secondo il leader di Fogolâr Civic e Fogolâr Politic "Europa
Aquileiensis", prof. Alberto Travain, che trent'anni or sono
ripropose alla pubblica considerazione la figura altamente simbolica
ed eroica di Marco di Moruzzo, ultimo alfiere dello Stato patriarcale
aquileiese, "portabandiera oramai di una repubblica feudale
federale se non addirittura di una confederazione i cui membri
trattarono, pur forzati, separatamente, nel Quattrocento, con
l'invasore veneziano garantendosi così beni e vite,
rappresenterebbe un esempio scomodo per tanti friulani, di ieri e di
oggi. Egli non trattò. Non cedette. Non antepose il proprio
tornaconto e la propria stessa sopravvivenza alla dignità della
bandiera a lui affidata per antica tradizione familiare. Egli morì
per quella bandiera. Anzi, plausibilmente, forse fu proprio quella
bandiera il vero tesoro che, nella leggenda, suo figlio in fuga ebbe
a mettere in salvo – chissà dove nascosta – nella casaforte
della Brunelde. Un eroe vero che alla tronfia banalità e al
pragmatismo becero di larga parte dei friulani di oggi non può
piacere perché ne interpella la coscienza debole, la scarsità di
valori alti, travalicanti il meschino interesse. Gli eroi non
piacciono ai miserabili, perché ne esaltano la pochezza!". E il
prof. Travain ha ricordato come in trent'anni di promozione
socioculturale di quella figura si sia anche evoluta e diversificata
una lettura plurima dei messaggi promananti dalla sua vicenda: eroico
martire resistente, patriottico ed antitirannico, 'nazionale'
friulano o regionale, ed, ancora, certo, internazionale
alpino-adriatico, euroregionale, 'euroaquileiese' come piace
dire…

"Un mito costituito sul sacrificio reale di un uomo che
poteva evitare il suplizio in carcere, il patibolo e l'ignominia,
però non l'ha fatto per dignità e fedeltà a un principio. Non
dobbiamo per forza ambire a finire i nostri giorni come Marco di
Moruzzo oppure, in tempi attuali, come l'altrettanto eroico nostro
Giulio Regeni, ma dobbiamo saper rispettare e valorizzare gli eroi:
non deriderli, non dimenticarli perché noi non siamo alla loro
altezza e perché i nostri padri ed i nostri figli non sono affatto
alla loro altezza. Un popolo che rinnega i suoi piccoli e grandi eroi
merita davvero soltanto disprezzo! Marco di Moruzzo fu un friulano
'vero' o per meglio dire un friulano da leggenda, un aquileiese
della più dura scorza...". Pregnante ed acceso il discorso
commemorativo tenuto in fluente lingua friulana dall'intellettuale
e tribuno udinese presso l'inferriata delle prigioni del Castello
di Udine, dove, domenica 19 marzo 2023, aveva dato appuntamento, al
mattino, ai più stretti collaboratori del movimento ultratrentennale
civista da lui guidato, per l'annuale ricordo dell'eroe
patriarchino. Intervenuta la prof.ssa Renata Capria D'Aronco,
presidente dell'Arengo udinese nonché del Club per l'Unesco di
Udine oltre ad essere commissaria direttiva del Fogolâr
Politic travainiano. Intervenute anche la segretaria del movimento
fogolarista sig.ra Iolanda Deana, la decana sig.ra Milvia Cuttini,
l'intendente sig.ra Marisa Celotti, le consigliere dott.ssa Maria
Luisa Ranzato e sig.ra Paola Taglialegne, la collaboratrice sig.ra
Renata Marcuzzi. Presente anche l'assessore alla Cultura del Comune
di Moruzzo, dr. Renzo Driussi. Gradite note sono pervenute, inoltre,
dall'accademico prof. Maurizio d'Arcano Grattoni, della casata di
Marco di Moruzzo, e dall'intellettuale e direttore dell'Agjenzie
Regjonâl
pe Lenghe Furlane, dott. William Cisilino. Al termine dell'incontro
informale, durante il quale la prof.ssa D'Aronco ha portato il
saluto e l'omaggio della cittadinanza udinese in arengo, alla
griglia delle carceri castellane è stato deposto un mazzo di cinque
rose, evocanti le tradizioni di difesa militare della Patria del
Friuli, dedicato specificamente dal movimento Fogolâr
Civic / Fogolâr
Politic "Europa Aquileiensis" nonché dallo storico Circolo
Universitario Friulano "Academie dal Friûl"
che ebbe ad avviare, grazie a Travain, la commemorazione
dell'anniversario dell'eroe; dal Club per l'Unesco di Udine e
dal Coordinamento Civico Udinese "Borgo Stazione": ad ornare il tutto un nastro tricolore civista friulano ed europeo azzurro-bianco-giallo con dedicazione in "marilenghe" e straordinaria citazione dal documento medievale segreto narrante l'estremo rifiuto "a fare genochio" del nobile friulano "che non l'intendeva de esser vinizian".