"Giornata Friulana di Mobilitazione contro la Precarietà"

Ricordata dal civismo udinese la tragica testimonianza del giovane Michele Valentini, suicida ribelle, nel 2017, alla peggior tirannide del nostro tempo. Al Puteale di San Giovanni, anche la coccarda di Fogolâr Politic "Europa Aquileiensis", "deferente omaggio alla sofferenza provocata da un sistema occidentale socialmente e culturalmente fallito".
Nel 2019, l'Arengo udinese aveva proclamato il 31 gennaio "Giornata Friulana di Mobilitazione contro la Precarietà", ricordando il suicidio, in quella stessa data del 2017, del giovane corregionale Michele Valentini, eletto a sorta di "Cato foroiuliensis" nel suo estremo atto di ribellione alla tirannia del precariato in campo non solamente lavorativo ma esistenziale. Il 31 gennaio 2023, quindi, attorno all'esecutivo arengario, riunito a Udine, in Piazzetta Belloni, presso lo storico puteale di San Giovanni, testimone silente della prima grande rivolta di popolo della storia europea moderna, la "Joibe Grasse" o "Crudel Zobia Grassa", si sono incontrate, per sottolineare la pregnanza dell'argomento, le più disparate realtà associazionistiche della cosiddetta "Capitâl dal Friûl": dal Movimento Civico Culturale Alpino-Adriatico "Fogolâr Civic", primo promotore della rimembranza, al Fogolâr Politic "Europa Aquileiensis", suo novello braccio politico; dal Circolo Universitario Friulano "Academie dal Friûl" al Club per l'Unesco di Udine e al Sovrano Ordine di San Giovanni di Gerusalemme, Cipro, Rodi, Malta e San Pietroburgo; dal Coordinamento Civico Udinese "Borgo Stazione" all'Associazione Giulietta e Romeo in Friuli. Il "cancellarius" o segretario dell'Arengo popolare, prof. Alberto Travain, ha dato lettura della profonda lettera di commiato scritta dal Valentini prima del tragico gesto, lettera il cui testo, di dominio pubblico, si rinnova immantinente di seguito. "Ho vissuto (male) per trent'anni, qualcuno dirà che è troppo poco. Quel qualcuno non è in grado di stabilire quali sono i limiti di sopportazione, perché sono soggettivi, non oggettivi. Ho cercato di essere una brava persona, ho commessi molti errori, ho fatto molti tentativi, ho cercato di darmi un senso e uno scopo usando le mie risorse, di fare del malessere un'arte. Ma le domande non finiscono mai, e io di sentirne sono stufo. E sono stufo anche di pormene. Sono stufo di fare sforzi senza ottenere risultati, stufo di critiche, stufo di colloqui di lavoro come grafico inutili, stufo di sprecare sentimenti e desideri per l'altro genere (che evidentemente non ha bisogno di me), stufo di invidiare, stufo di chiedermi cosa si prova a vincere, di dover giustificare la mia esistenza senza averla determinata, stufo di dover rispondere alle aspettative di tutti senza aver mai visto soddisfatte le mie, stufo di fare buon viso a pessima sorte, di fingere interesse, di illudermi, di essere preso in giro, di essere messo da parte e di sentirmi dire che la sensibilità è una grande qualità. Tutte balle. Se la sensibilità fosse davvero una grande qualità, sarebbe oggetto di ricerca. Non lo è mai stata e mai lo sarà, perché questa è la realtà sbagliata, è una dimensione dove conta la praticità che non premia i talenti, le alternative, sbeffeggia le ambizioni, insulta i sogni e qualunque cosa non si possa inquadrare nella cosiddetta normalità. Non la posso riconoscere come mia. Da questa realtà non si può pretendere niente. Non si può pretendere un lavoro, non si può pretendere di essere amati, non si possono pretendere riconoscimenti, non si può pretendere di pretendere la sicurezza, non si può pretendere un ambiente stabile. A quest'ultimo proposito, le cose per voi si metteranno talmente male che tra un po' non potrete pretendere nemmeno cibo, elettricità o acqua corrente, ma ovviamente non è più un mio problema. Il futuro sarà un disastro a cui non voglio assistere, e nemmeno partecipare. Buona fortuna a chi se la sente di affrontarlo. Non è assolutamente questo il mondo che mi doveva essere consegnato, e nessuno mi può costringere a continuare a farne parte. È un incubo di problemi, privo di identità, privo di garanzie, privo di punti di riferimento, e privo ormai anche di prospettive. Non ci sono le condizioni per impormi, e io non ho i poteri o i mezzi per crearle. Non sono rappresentato da niente di ciò che vedo e non gli attribuisco nessun senso: io non c'entro nulla con tutto questo. Non posso passare la vita a combattere solo per sopravvivere, per avere lo spazio che sarebbe dovuto, o quello che spetta di diritto, cercando di cavare il meglio dal peggio che si sia mai visto per avere il minimo possibile. Io non me ne faccio niente del minimo, volevo il massimo, ma il massimo non è a mia disposizione. Di no come risposta non si vive, di no si muore, e non c'è mai stato posto qui per ciò che volevo, quindi in realtà, non sono mai esistito. Io non ho tradito, io mi sento tradito, da un'epoca che si permette di accantonarmi, invece di accogliermi come sarebbe suo dovere fare. Lo stato generale delle cose per me è inaccettabile, non intendo più farmene carico e penso che sia giusto che ogni tanto qualcuno ricordi a tutti che siamo liberi, che esiste l'alternativa al soffrire: smettere. Se vivere non può essere un piacere, allora non può nemmeno diventare un obbligo, e io l'ho dimostrato. Mi rendo conto di fare del male e di darvi un enorme dolore, ma la mia rabbia ormai è tale che se non faccio questo, finirà ancora peggio, e di altro odio non c'è davvero bisogno. Sono entrato in questo mondo da persona libera, e da persona libera ne sono uscito, perché non mi piaceva nemmeno un po'. Basta con le ipocrisie. Non mi faccio ricattare dal fatto che è l'unico possibile, il modello unico non funziona. Siete voi che fate i conti con me, non io con voi. Io sono un anticonformista, da sempre, e ho il diritto di dire ciò che penso, di fare la mia scelta, a qualsiasi costo. Non esiste niente che non si possa separare, la morte è solo lo strumento. Il libero arbitrio obbedisce all'individuo, non ai comodi degli altri. Io lo so che questa cosa vi sembra una follia, ma non lo è. È solo delusione. Mi è passata la voglia: non qui e non ora. Non posso imporre la mia essenza, ma la mia assenza si, e il nulla assoluto è sempre meglio di un tutto dove non puoi essere felice facendo il tuo destino. Perdonatemi, mamma e papà, se potete, ma ora sono di nuovo a casa. Sto bene. Dentro di me non c'era caos. Dentro di me c'era ordine. Questa generazione si vendica di un furto, il furto della felicità. Chiedo scusa a tutti i miei amici. Non odiatemi. Grazie per i bei momenti insieme, siete tutti migliori di me. Questo non è un insulto alle mie origini, ma un'accusa di alto tradimento. P.S. Complimenti al ministro Poletti. Lui sì che ci valorizza a noi stronzi. Ho resistito finché ho potuto". Oltre alla chiosa del "cancellarius" civista prof. Travain, sono seguite le allocuzioni del "camerarius" presidente arengario prof.ssa Renata Capria D'Aronco e del "consiliarius" sig. Alfredo Maria Barbagallo. Intervenuti anche i "consiliarii" popolari ins. Manuela Bondio, sig.ra Marisa Celotti e sig. Daniele Salerno. Presenti anche la civista sig.ra Paola Taglialegne, la giornalista sig.ra Laura Zanelli e l'attivista sig.ra Renata Marcuzzi. Tra le dediche, al detto puteale, anche la coccarda di Fogolâr Politic, "deferente omaggio alla sofferenza provocata da un sistema occidentale socialmente e culturalmente fallito, esaltatore di un effimero che fa a pugni con gli orizzonti della più profonda civiltà del Friuli e della Vecchia Europa!". Così, il prof. Travain, alla guida della nuova formazione fogolarista, conferma la sua lettura esistenziale ed antropologica della rivolta contro l'imposto principio diffuso di precariato nella società di oggi, furbescamente passato per valore: "Non sull'idea di precarietà abbiamo fondato, per lunghi millenni, famiglie ed imperi, affetti ed affari. Non sarà, comunque, chiamandoci fuori da questa Storia ma vivendoci dentro, per quanto possibile, criticamente, che faremo il nostro dovere verso il mondo!".